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martedì 15 giugno 2010

Matteo Bonsante

LE IRIDESCENZE di MATTEO BONSANTE


Già autore di romanzi ed atti unici, Matteo Bonsante si presenta ai lettori, con un nuovo volume di poesie, edito da Aliante Editrice, Polignano a Mare 2007, con il titolo Iridescenze, riuscendo a fondere insieme speculazione intellettuale e valore estetico. Da qui la proposizione di un discorso interattivo, intorno all’effimero e all’eterno, visti nella loro equivalenza e non equidistanza.
Ed è pensiero elaborato per definizioni e proposizioni, attraverso argomentazioni ontologiche e cosmologiche, che risentono del fascino geometrico di Euclide, e della realtà totale di Spinoza, realtà in cui vi sono delle cose fisse ed eterne dalle quali le singole cose inutili sono dipendenti.
Il discorso si complica notevolmente per il lettore, quando si pone di fronte ad un organigramma di pensiero speculativo, che sconvolge il quadro naturale della funzione fenomenologica dei dati esistenti, con i quali il poeta gioca le sue fiches sul tavolo dell’azzardo, con uno straripamento concettuale, sfociante nella poesia.
A chiarire questi passaggi, è il poeta stesso che, in una pagina interna del volume, illustra i termini della sua tesi, modificando il rapporto tra l’orizzontalità e la verticalità, la terra e il cielo.
Ne elenchiamo alcuni: “Per questa poesia l’essere è ciò che è, ciò che è nello spaziotempo, ciò che è “sperimentabile”, cioè ciò che è “la pur minima sensazione”.
Essere è dunque sinonimo di mondo, di esistenza, di contingenza, di infinità, di divenire, di ogni cosa, di “spazio-tempo” e “cose” dello spazio-tempo ecc.; è la vita — la sensazione e quindi il pensiero, la coscienza — che coglie e accoglie l’essere; chiamiamo nulla “l’orizzonte”, la “verità”, la “potenza”, “l’essenza” “l’intelligenza”, “l’oltremondanità”, “l’eternità” da cui lo spaziotempo e le cose dello spaziotempo (l’essere”) emergono.
In questa sorta di esercizio riflessivo, neoilluministico (?), parafilosofico (?), laico-religioso (?), il poeta prova a scoprire le sue carte nella minimalità di un percorso poetico, segnato da scatti figurativi, funzionali ad una struttura poetica, organica e unitaria. Già nel volume antologico: Poesie - 1954-2004-, il Bonsante, attraverso la forma dell’haiku, rivela le vie segrete del subconscio, accentuando con Iridescenze, i barlumi di una ricerca psicosoggettiva, dentro e fuori il — teatro del mondo.-
Questo excursus analitico, pone allo scoperto una fitta sequenza di immagini lampeggianti, all’interno di testi minisacrali.
Ciò permette al poeta di avere a disposizione un ventaglio di percezioni, fino a collegarsi con un micromondo che è anche un opus reticolatum con il macrocosmo, depersonalizzandosi dal suo io storico.
Non siamo, ovviamente, nel campo della letteratura mistica e dello “scioglimento nell’unità di un pensiero conclusivo” ricercato da Clemente Rebora.
Tuttavia, non si può non individuare nell’esposizione dei grumi poetici, un punto di contatto e di convergenza con l’Oltre, una volta svincolato e superato il rapporto con la fragilità e l’ispessimento del quotidiano, attraverso la rete di autopercezioni dell’(in)finito, dove “la poesia cerca la verità” nello spazio/tempo, reagendo alla inconsistenza del Nulla. Da qui i transiti affermativi e perentori: Sia il cielo il nome più alto. / E poi gli agi, le tracce, i presagi / di ciò che nel mondo è/, come a voler predisporre un ordine naturale e prioritario delle cose.
Non solo, ma quando la dialettica esistenziale si acuisce, più netti allora si fanno i contorni dove il poeta cerca e rincorre nuove misure d’identità, oltre la biografia dell’essere: “ Il tuo segno, eternità, è fitto in me / come l’insetto nell’ombra,/ negli alberi i cerchi, il fuoco nelle stelle./
A volte, c’è anche il tentativo di tracciare un identikit su ciò che è appena possibile immaginare: “Se potessi attribuire un volto / all’eterno, lo immaginerei come un /
anziano contadino che, dopo aver lavorato / nei campi / dalla mattina presto fino a mezzogiorno/, alla fine si distende “ sotto un sorbo”.
Inutile dire che Bonsante ci prova in tutti i modi a rappresentare il Qui e Ora, il Dopo e l’Oltre, focalizzati da un’iride aperta a tutto campo, dove si esauriscono i lampeggiamenti di polimorfica concettualità, attraverso la socializzazione della parola, ovvero dei contenuti, di barthesiana memoria.
Tra assoluto e relativo si esaurisce così l’essenza di questo viaggio che evoca mondi collocati in una zona di febbrile sorpresa, per una riformulazione della geometria temporale e universale attraverso la poesia.

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