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giovedì 20 maggio 2010

Il giro del lazzaretto (selezione)

Forum Quinta Generazione, 1985
MES AMIS

Nel bosco c'erano èriche e lupetti
e un pò più in là della grande macchia
poco o nulla da riferire,
solo una stagione in attesa di partire
e fiori e docili caprioli;
dunque poco o nulla da riferire:
una via antica da prendere o lasciare,
fuori dalla città coi suoi ostelli e infimi motel
dove dormire o riposare dopo il vento e la bufera,
dare l'anima per uno spleen o un souvenir,
e gli amici, già fantasmi o larve,
passati, traghettati altrove
senza una lacrima o un addio
(bonne nuit mes amis, bonne nuit)
domani il fiore del silenzio sarà per voi come un seme
cresciuto sulle tombe),
e uomini venuti in comitiva, in pace con tutti e con
nessuno,
cercavano spazio e tempo tra le rovine,
altri accorrevano senza nulla chiedere e ottenere
perchè non si sapeva più se partire o rimanere
tra conifere e ginepri,
poi s'udì un colpo di carabina o di moschetto;
dunque, allora, poco o nulla da riferire
per quel tratto di strada
nell'ora più fredda dell'anno e della notte
(bonne nuit mes amis, bonne nuit).
Domani ci sarà il prologo, sapremo tutto su
Giuda e su Rebecca..

NEL TUGURIO

La luce che vedemmo come bagliore o fiamma,
non era incendio, nè apocalisse
e neppure fuoco di pira e di pietre sacrificali
dove chi vi giungeva portava viluppi di vita o biche
(non dimenticare in bocca e nel taschino
marenghi e ori. Oh le meste canoe
e i fumi, i gironi ardenti, notte e giorno, alba e sera
e anni lunghi e brevi!),
qualcuno riuscì a riveder le stelle e pasque nevose
nei cimiteri del mondo, il giorno che risale la china
delle ombre
tra orologi caricati a tempo o a quarzo, (io non sorrido più
a chi dice che la tristezza è un organetto di Barberia),
nè giungemmo mai in vista dell'anno nuovo su ponti
e dune,
nè si seppe notizia
di gente passata oltre le mura (ci fu chi mandò
qualche messaggio cifrato male,
tu ne sai il senso, la logica della metarfora?),
poi vedemmo lunghe carovane, mulattiere tracciate
da zoccoli
e da passi, Magi venuti a notte fonda da qualche terra d'Africa
e d'Oriente, comete finite in fumo,
sempre verde, sempre dolce è la nostra terra
quando i giardini mettono prodigi di campo e di azalee,
la domenica la dedicheremo ai lucernari
e sarà davvero un bel mattino d'estate,
se passando per le strade, una venuta in sogno o col
favonio
dirà: - Posso amarvi tutti, entrate uno a uno, in
silenzio nel tugurio. -

CROCIERA

Questo è il luogo dove ci condussero su un battello
o Elettra
assieme al fitto nugolo di donne venute sotto l'albero maestro,
pronte ad ardere in silenzio, dopo le notti di Amburgo
e di Norimberga,
mentre qualcuna si faceva strada parlando un pò
per tutte:
- Abbiamo letto molto questa notte -
riferì con una voce passata indenne sottovento.
- Sappiamo tutto sui Poemi Saturnali
e la Doctrine de l'Amour e anche su qualche
manoscritto d'ignoto autore
e di incerta data, passato tra le maglie del nostro
tempo-,
poi, una, quasi uscita da un quadro botticelliano, la
più esile di tutte,
una delle tre Grazie che nessuno mai credeva disertasse
il gioco e la brigata,
- Ascoltatemi in silenzio- disse, mentre taceva il
flusso d'acqua della manichetta,
- Io sono il fiore dai ciuffetti d'erba eterni,
la lama che taglia l'allegoria dei cespi,
conosco il Cantico dei Cantici e il Cristus venit
quando scendono le nevi e tutto pare a me affollarsi
intorno,
in mezzo ai vivi e ai trapassati-;
e i molti (o pochi) bevitori di latte e miele, usciti dalle
stive,
attendevano ordini,chiedevano staffette, volevano il
Nido di Rosy,
una si fece ardita, domandò a più riprese:
- E' partita la stagione? Si sente il passo, il fiato
sulla pelle?
E lassù, da quell'albero maestro, si vede terra o
qualche colombella?-,
e la più dolce, la più perfetta, pronunciando novissime
parole
- Io sono il tenero fianco dei vostri unguenti,
la calda mano sugli occhi stanchi
quando gennaio entra come un ladro nei buchi delle
tombe,
- tutto oso e tutto posso-.

VARIAZIONI SU TEMA N. 1

Usciti allo scoperto lasciammo ruderi e radici
e fu un anno davvero effimero e crudele.
Alla fine ognuno prese ciò che gli apparteneva:
donne, dadi, amarissimi rosari,
mentre la sera ci avvolgeva col suo fiato di bosco nero
tra case diroccate così che passando alla mattina
nessuno si accorgeva dell'erba cresciuta sotto i ponti,
quindi passarono molte notti e giorni
uno
sparpagliò l'anima dappertutto, sudò sangue e fiele,
attizzò sulla pelle gli ultimi sterpi di primavera,
misurò il tempo finito e non finito,
per strade ancora illuminate
carretti si fermavano e offrivano passaggi,
una lanterna abbagliò qualche anima smarrita,
tra orti e fumarole si fece chiara una voce in mezzo
al coro
- Domani - disse-, pregheremo il parroco di Saint
Germain
di farla nuova quella chiesetta antica e fatiscente,
gli daremo un obolo per l'armonium
prima che le ragazze si vestano di bianco
nel giardino di paprica e di ligustri-.

Molte notti passarono e molti giorni ....
- Ecco, ora posso parlare onesto, dire e non dire nulla,
chiedere ora che la stagione ha rinunciato a tutto.-

CIRCO "MAGNUNM"

Le ricercate trame della sera
dopo il grido del lodolaio solo sul marrubio,
lasciavano filtrare una sottile luce dalla lunetta
mentre l'inverno muoveva funivie,
imbiancava la sparuta orchestrina di magiari
al centro della piazza dove esuli banditori
annunciavano viaggi lungo il grande fiume
e cespi rotolanti per le vie
s'offrivano alla folla come messaggi di un mondo ignoto,

(quell'assurdo origliare dietro le porte,
quando la bufera premeva sopra i vetri,
era per noi come andare per memoria),

dopo le fabulazioni, le dispersioni di nevi,
lievi su tuguri e fosse, vigilate per multas horas,
attese come i lupi e i cani discesi nelle valli,
e turisti usciti da baite e da cottages,
avvolti nelle lane, gustando caldo vino demi-sec,
vicini a un mite fuoco, soli, dopo il sogno e l'otium,
barattando l'anima, vendendola per sempre
a qualche mercante di vecchi pegni,
chiedevano al nume cresciuto nella povertà delle ore,
calato nella giusta misura del tempo e dell'amore,
nuovi passi-passaggi, prima ancora che apparisse l'alba,
che si facesse cerchio intorno ai gelsomini.

IL TALENTO DEL MESE

Con disordine avanza il mese
tra progetti di spoliazione.
Quello che è stato ritorna:
passato spaccato in due
scandito col tocco di pendoli e sfere
quando il verde sconfina dall'orto invernale,
folto di fabule e storie, ariette discrete,
memorie del cupo fumé del giorno,
(i boscaiuoli affidavano ai cani l'ira dei lupi,
temevano l'anno delle improbabili fortune),
passato-trapassato nell'ora ultima o secunda
d'altri afrori e visi
come orologi (gatti mogi) su di noi,
su tutte le foglie (doglie) del giorno
(chi partiva non lasciava che labili tracce,
così fu detto e riipetuto, trascritto,
deposto come codice nella fragile voliera),
poi ognuno si disperse come agnello nelle forre,
chi all'aperto, chi dentro tuguri e torri,
gridando, chiedendo lucerne e torce
ai pochi legnaiuoli rimasti nelle vigne
o nell'arida campagna al colmo di funghi e di pietrame.

Allora fu gradito a molti
l'improvviso talento del mese
messi a tacere i passeri dopo l'ultima kermesse.

RAPPRESENTAZIONE E FUGA

Le liete convivenze dell'inverno
nella città chiusa in un lungo nihil
e il vecchio con tabarro e baculum,
sognando una dolve via

- Ho molti amici- disse,
e tante monetine alla fine del viaggio-,
poi bruciando le poche ortiche:
- Ma dove e quando e quale transito per voi? -.
sussurrò sentendosi legato a un ricordo
di maschere e lustrini,
solo, sotto l'enorme cupola di gesso,
vicino alla fontana di miele e loto
dove chi moriva portava con sè il profumo di maggio.

- Per questo e per tutta la cenere degli anni
e per il grido del capriolo nelle selve
e per la traccia del cielo e della terra
come una croce su di voi,
io dimenticherò questa zolla di volpi e di pinastri-,
mentre lo lasciammo piangere in silenzio
nella grande luce filtrata dai rosoni
e chi giunse troppo presto o tardi al nodo dei papiri
non gli rimase che qualche figura nella mente
e vecchie mura di paese
nella rabbia ultima dell'anno,
nell'ombra ovattata, sempre più ostile della sera.

TABULA E LIBELLUS

Poi (ed era il senso ultimo dele cose
in un crescendo vagamente wagneriano),
l'anacoreta venuto da un remotissimo preevo
su una traccia di rédola e prime more
portò l'erba nuova dello stagno
e anche il senso delle miosotidi
ai freddi lapidari di novembre
quando la notte s'accumula sui mosti
e ognuno indugia in labirinti o tane
braccato e bracconiere, senza trespoli e funali,
chi su carri e su risciò
e un battitore, con tuba e bastoncino,
vicino a due prossimi all'ultimo respiro,
già in viaggio, in transito per cunicoli e fondali,
lasciava che che si parlasse ancora di boschi e fortunali,
e la donna di nuovo apparsa dietro i vetri,
attesa più che mai,
raccogliendo le poche anime perdute nel deserto,
si fece alba e spigo, giunti al breve fuoco,
al vivo della fabula.

Allora dì, diciamola questa fede di verbasco
e di ginepro,
bruciata su invisibili falò,
mentre di nuovo tornato nella sua altezza,
nel suo remotissimo preevo,
a metà luce e stratosfera,
ci lasciava ad una dolce grazia,
scritta, trascritta, riportata su tabula e libellus.

CRAZY HORSE

La donna sola o in compagnia
mentre marzo spianava viottoli di freddo
ad una incipiente Pasqua venuta, discesa come acqua
nella gora,
si chiudeva in un dolce no,
sfidava le sottili lame della pioggia,
come una ginestra fioriva nel mio deserto,
parlando a scatti, chiedendo notizie di me e qualche historia,
cancellando dalla mente assedi e trame
perchè più pensiero non mi dava l'ombra dell'abete
in un inverno che inverno più non era
per quelle mattine azzurre e senza veli,
fino a sera inoltrata nel silenzio delle case
dove chi picchiava alle porte riceveva monete e avanzi,
altri desideravano fanciulle e fruste, canestri d'erba
e oppio.
Per città deserte e polverose trovammo la bonne
chanson d'automne.

- Su, è tardi, fate domande brevi su Cristo e su
Ezechiele!.

- Avete inteso che fu detto che la lucerna del corpo
è l'occhio -
- Oh Madame V., come è triste in quest'ora di freddo aprile
il tuo dolce no! -,
mentre uno fattosi avanti a due
vicini alle bacheche,
chiudendo con gran frastuono serrande e porte
- E' chiuso il Crazy Horse - disse.
- Aperto è solo l'ultimo girone dei piagati e degli ulcerosi -,
- Chi vuole Dio non lo cerchi qui tra il baccano
dei commensali
e il fumo dell'ultimo party -, quasi uscendo da una selva
per una strada non più oscura e misteriosa,
come ad una festa o ad una fiera d'Alba o di Firenzuola
se mai un'ora ci sarà per piangere e per soffrire,
per contare le ossa nei tuguri e nelle tane
e tutte le anime perdute e abbandonate
in un transito che transito non è.

- Su, è tardi, fate domade brevi su Cristo e su Ezechiele!
- Tra poco anche l'ultimo girone chiuderà i battenti.
- Ci sarà poco da raccontare a chi rimane, quasi nulla,
r i e n -.

IL DIALOGO CON GLI ALTRI

Il dialogo con gli altri
non è questione di tralicci
e neppure di monetine all'indomani del viaggio,
ma di preghiere e chapelets
quando la stagione venuta dagli spazi
concorda coi passanti apprezzabili sabotaggi
o indugia con furore sulle prime barricate.

Screditarla non porta certo a un respiro di sollievo
se attorno ai pali, ai bossi, ai chiostri mediioevali
resistono le trame e gli antefatti,
prima di parlare ancora di lunari,
aprire o chiudere di nuovo le persiane,
seguire daccapo e con pazienza
ombre, fumi, labili figure
al largo dei carriaggi e di qualche piccola lumière.

INTERNO

La traccia dei castori sul bulbo dell'abete
nel punto dove si snodano rèdola e sentiero
e la ragazza senza più eufemismi e ellissi
prima che parlasse di sè
come di una primavera mai venuta (cresciuta)
nel bosco dei suoi capelli,
mentre nessuno discuteva più di questo o dell'altro
polo,
nè dava notizie se non per segni e brevi scritti,
nell'ultimo fiato dell'anno, nel transumano,
dopo il sordo trepestio dei passi
nelle stanze di freddo e di lumini,
dove brevi commentari lasciavano ai pochi rimasti
nella veglia,
vicini al barbecue, odoroso di foglie e roverelle,
che si facesse tardi o notte attorno al fuoco
di domande,
mai eluse da nessuno, fitte, mai sentite,
cosa vorranno se la memoria ristagna nella mente,
non vuole uscire dal giro delle nebbie:
volti, immagini, presenze care dileguate nel tempo
che più non indora e infiamma i muri bassi,
i sassi, il cuore della città. fuori dalle trappole del giorno,
dopo il bruzzolo a lungo atteso, mai venuto prima?

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