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martedì 15 giugno 2010

Giovanni Ariola

Lessico e fraseologia nella poesia di Giovanni Ariola


Se consideriamo la poesia un’arte verbale, capace di rifondarsi e di ricostituirsi di fronte ad ogni crisi della letteratura, allora, anche il fattore negativo della sua inutilità finisce con l’essere sterile dialettica, incapace di andare oltre le reali possibilità di rigenerazione del significante, verso il quale non pochi critici, a partire dagli anni Settanta, come Silvio Guarnieri e Rosario Assunto, si espressero a favore di una “tensione in avanti”, rispetto alla cosiddetta morte del linguaggio.
Una problematica questa che non si è esaurita nel corso del secondo Novecento e che dura tuttora, da far dire a Edoardo Sanguineti, che non è più tempo d’avanguardia, per la completa assenza di spinte culturali portate verso il rinnovamento.
In questa situazione di stallo operativo e poetico, tra forme chiuse e aperte, s’innestano le esperienze di antipoesia, realizzate nel caos della parola e della normalità linguistica, che non hanno nulla a che vedere con l’auspicata - tensione in avanti -, sopra citata, sempre che non si rovesci tale termine, in un altro senso: quello relativo all’espansione dell’ordine delle parole, come valore irrefutabile nel carattere stabile dei significati grammaticali, allineati alle problematiche contemporanee, dalle quali far scaturire una nuova specificità della funzione spirituale, morale, filosofica e poetica, la stessa con la quale Giovanni Ariola, dopo Una risposta, Loffredo Editore, 1971, Discronie, Edizioni Hyria 1981, L’aereo dorato, 1999, e ora con Sinoli, Guida, 2005, tenta di amalgamare, per opporre all’arabesque del nonsense, la plurivalenza del significato nelle diverse scansioni oggettive, che si adeguano, alle variazioni umorali dell’autore, il quale unisce alla struttura del testo, un consapevole senso critico rapportato ai momenti di riflessione e di concretezza esplorativa.
Il risultato è un affondo nel teatro del mondo, da cui traspare il senso negativo del prossimo futuro, espresso con misurato lessico e vigile fraseologia.
E ciò che Ugo Piscopo rileva nella prefazione a Sinoli, quando istituisce un concetto di base, riscontrando una poesia che nasce per sillabe, per parole, per musica, da consapevolezza di poetica, quasi da una filosofia interna al tempo, alla storia, alle situazioni culturali, alle domande di fondo della vita. Ai dilemmi di un’epoca che ha smarrito certezze in positivo e che può, che deve fare i conti innanzitutto con la negatività, la guerra, le catastrofi, la condanna di milioni di innocenti alla fame alla sete, l’inquinamento e la desertificazione di ampie, sempre più ampie fasce del Pianeta.
Le oscillazioni tra formalismo linguistico e contenutismo privato ed esistenziale, urbano e cosmopolitico, pongono da subito un orizzonte d’attesa, purché siano rimosse, come afferma l’Ariola, in Poesia, un atto, un fatto, Hyria n. 14, settembre 1977, alcune astratte pregiudiziali ideologiche e altrettante false convinzioni circa il rapporto individuo-società. individuo- mondo, rappresentati nel suo ultimo volume, dove appaiono i segni della delimitazione del nostro essere e della morte della parola, a cui il poeta tende di liricizzarne i tratti, attraverso l’uso di una scrittura, — report -, che si riflette come monologo interiore, nel testo dal titolo Vale: pronunzia calmo la parola vale / già si allontana le note sono appena / udibili che farò come potrò mai senza / di te senza il mio bene nella distesa / cinerina senza luce di vento si può / si può? vedere l’essenza contemplare / l’altra tua forma il cerchioquadrato / dove ogni bellezza ha principio /.
A questo grado di autoconsapevolezza corrisponde un repertorio di pluralità poetiche in cui giudizio critico e ironia convergono nel cuore delle cose e delle tragedie metropolitane, che hanno riscritto le pagine della storia e dell’umanità.
Si potrebbe parlare, in questo caso, di -occhio tragico-, che rivolge lo sguardo dentro l’anima, con spinte centrifughe verso i diaframmi della realtà, che sono poi, i punti centrali di Sinoli, da cui partono e si definiscono le fusioni psicosoggettive del poeta come — controdiscorso — al fluire ininterrotto del tempo e degli eventi

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