di Giorgio Linguaglossa
Credo che nella situazione del Dopo il
Moderno alla poesia non rimanga altro da fare che sopravvivere in attesa di
tempi migliori. È questo l’assunto di base della poesia di Mario Gabriele, un
poeta della periferia, relegato nello sperduto Molise, a Campobasso, lontano
dagli echi delle fucine poetiche di Roma e di Milano. In questa condizione,
allontanatisi gli echi dello sperimentalismo novecentesco e le ipotesi di mini
canoni che, tra l’altro, nel Sud non avrebbero ragione di essere, per Mario
Gabriele l’essenziale era ripristinare il contatto con il lettore, ripartire
dal correlativo oggettivo di Eliot, ricucire gli strappi inferti alla
forma-poesia del secondo Novecento, suturare le ferite con la tintura di iodio,
elaborare una «materia» poetica che facesse uso della narrativa e della
saggistica per irrobustire il dettato poetico. Il registro stilistico di
Ritratto di Signora viene così improntato a una decisa propensione per la
metonimia, sostenuto dalla giustapposizione di elementi dissimili o incongrui,
di digressioni e di inserti narrativi che offrissero nuove possibilità di
significazione per mettere in evidenza ciò che sta oltre la tradizionale parola
poetica, lontano dalle associazioni semantiche tradizionali, magari corredata
da una fitta interpunzione, di citazioni implicite ed esplicite, di riferimenti
toponomastici ed onomastici, corredata da associazioni ed elencazioni
coordinate per asindeto e per paratassi, il tutto volto a raffigurare il
disagio e lo spaesamento esistenziale del mondo moderno, non solo dell’io, il
caos del mondo, mediante correlativi oggettivi e traslati e cablaggi spaesanti.
Sta qui l’elemento di distinguibilità della poesia di Mario Gabriele, sta qui
la rottura con i canoni dello sperimentalismo e con l’eredità della poesia
post-montaliana del dopo Satura (1971), vista come la poesia da circumnavigare,
magari riprendendo da essa la scialuppa di salvataggio dell’elegia per
introdurvi delle dissonanze, delle rotture e tentare di prendere il largo in direzione
di una poesia completamente narrativizzata, oggettiva, anestetizzata,
cloroformizzata. Di qui le numerose citazioni illustri o meno (Mister Prufrock,
Ken Follet, Katiuscia, Rotary Club, Goethe, busterbook, kelloggs al ketchup,
etc.), involucri vuoti, parole prive di risonanza semantica o simbolica, figure
segnaletiche raffreddate che stanno lì a indicare il «vuoto». Il tragitto,
iniziato da Arsura del 1972, e compiuto con quest’ultimo lavoro, è stato lungo
e periglioso, ma Gabriele lo ha iniziato per tempo e con piena consapevolezza
già all’indomani della pubblicazione del libro di Montale che, in Italia, ha
dato la stura ad una poesia in diminuendo, che da noi è stato interpretata come
una possibilità di scrittura poetica finalmente privata del pentagramma tonale
e timbrico della grande tradizione metafisica, come un rompete le righe e un
gettate le armi, con una cultura nutrita di scetticismo piccolo-borghese. Una
resa alla democrazia parlamentare della forma poetica e del discorso poetico.
Mario Gabriele riprende da qui, innalza il tono prosodico mentre che abbassa il
lessico.
Sintomatico di tale percorso è l’ultima
poesia qui presentata: «Glossario terapeutico», dove è evidente che l’autore
ironizza con una abbondanza di citazioni e di rimandi sulla propria materia
poetica prendendone le distanze, ironizza sulla desertificazione del linguaggio
poetico di oggi, non più in grado di veicolare una lirica che non sia
post-lirica, dalla quale viene bandito ogni riferimento ad una presunta
«bellezza» e al «poetico». Si ha la sensazione che l’oggetto della riflessione
di Gabriele sia «la morte della poesia» e una «poetica del vuoto». In un certo
senso, questa è una poesia che medita sulla propria morte annunciata, una
metapoesia, una poesia che sta fuori della poesia, che si situa a distanza
dalla poesia. Metapoesia sulla metapoesia, dunque, come nella composizione di
apertura «Cara Juliet» che rifà il verso a una raccolta di Alfredo Giuliani del
1965, Povera Juliet. Il titolo della raccolta, anch’esso ironico, Ritratto di
Signora (2014), riprende un topos classico, un titolo adottato dalla scrittura
narrativa, in ciò perseguendo con la poesia lo stesso tragitto ermeneutico
seguito dal romanzo, da quello famoso di Henry James (The portrait of a Lady) fino al recente Foto di gruppo con Signora (1971) di Heinrich
Böll.
Giorgio Linguaglossa
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Giorgio
Linguaglossa è nato a Istanbul nel 1949 e vive e Roma. Nel 1992 pubblica
"Uccelli" e nel 2000 "Paradiso". Ha tradotto poeti inglesi,
francesi e tedeschi tra cui Nelly Sachs e alcune poesie di George Trakl. Nel
1993 fonda il quadrimestrale di letteratura «Poiesis» che dal 1997 dirigerà
fino al 2005. Nel 1995 firma, con Maffìa, Giuseppe Pedota, Lisa Stace, Maria
Rosaria Madonna e Giorgia Stecher il «Manifesto della Nuova Poesia Metafisica».
È del 2002 "Appunti Critici – La poesia italiana del tardo Novecento tra
conformismi e nuove proposte". È del 2006 "La Belligeranza del Tramonto".
Nel 2007 pubblica Il minimalismo, ovvero il tentato omicidio della poesia in
«Atti del Convegno: È morto il Novecento? Rileggiamo un secolo». Nel 2010
escono La Nuova Poesia Modernista Italiana (1980 – 2010) e il romanzo Ponzio
Pilato; nel 2011 Dalla lirica al discorso poetico. La Poesia italiana dal 1945
al 2010. Nel 2013 escono il libro di poesia "Blumenbilder (natura morta
con fiori)", Passigli, Firenze, e il saggio critico «Dopo il Novecento.
Monitoraggio della poesia italiana contemporanea», Società Editrice Fiorentina,
Firenze. Nel 2015 escono "La filosofia del tè.(Istruzioni sull'uso
dell'autenticità)", Ensemble, Roma e l'Antologia Selected poems
"Three stills in the frame" (1986-2014) Chelsea Editions New York
email glinguaglossa@gmail.com
(1)
Cara
Juliet,
qui
dove l’inverno dura più della barba di Santa Claus,
ci siamo arresi al freddo di dicembre
come quei piccoli clochard ai bordi delle vie,
senza bandiere e né futuro;
mi viene da pensare alle notti di Stoccolma,
alle renne venute a cercare gli avanzi di Natale;
tutti abbiamo festeggiato l’anno che passava;
il tempo come uno sparviero
sui pinnacoli di un’America battuta,
l’urlo di Munch
era un passepartout per un inferno alle porte:
le lunghe ore a parlare del punto morto del mondo,
l’anello che non tiene,
sempre in fede obliqua
mi venne uno strano freddo allora,
come una ipotermia
sotto la cupola avvolta dalla neve,
per poi rinascere nei giardini di marzo,
perché i più bei fiori dell’anno
sono i non-ti-scordar-di-me.
ci siamo arresi al freddo di dicembre
come quei piccoli clochard ai bordi delle vie,
senza bandiere e né futuro;
mi viene da pensare alle notti di Stoccolma,
alle renne venute a cercare gli avanzi di Natale;
tutti abbiamo festeggiato l’anno che passava;
il tempo come uno sparviero
sui pinnacoli di un’America battuta,
l’urlo di Munch
era un passepartout per un inferno alle porte:
le lunghe ore a parlare del punto morto del mondo,
l’anello che non tiene,
sempre in fede obliqua
mi venne uno strano freddo allora,
come una ipotermia
sotto la cupola avvolta dalla neve,
per poi rinascere nei giardini di marzo,
perché i più bei fiori dell’anno
sono i non-ti-scordar-di-me.
(da: Ritratto di Signora, Nuova Letteratura,
3014)
(2)
Il
tempo non ha concesso nulla alla Pasqua.
Sciolte le campane
si sono visti soltanto mouse e viperette.
Sciolte le campane
si sono visti soltanto mouse e viperette.
Ho
spento il notiziario,
dimenticate le formule dei cartomanti:
je ne veux rien savoir de la vie
e di tutte le tragedie
che s’attorcigliano come veleni
e spade acuminate.
dimenticate le formule dei cartomanti:
je ne veux rien savoir de la vie
e di tutte le tragedie
che s’attorcigliano come veleni
e spade acuminate.
L’ultima
volta che ho visto Madame Bernard,
era di sabato e aveva il fascino
di chi sa legare il cuore ai lacci.
era di sabato e aveva il fascino
di chi sa legare il cuore ai lacci.
Arrugginito
dagli anni
il carillon ha smesso di contarci le ore.
il carillon ha smesso di contarci le ore.
Sembrerà
un giro di banderuola
ma il passaggio dell’inverno
non è stato indolore.
ma il passaggio dell’inverno
non è stato indolore.
Rotondetta,
tanto da ricordare le donne di Botero,
la Katiuscia di Kiev
ha messo piede nella casa
e nella nostra squilibrata età,
anche se amiamo ancora gli aquiloni
e i kayak per superare il mare.
la Katiuscia di Kiev
ha messo piede nella casa
e nella nostra squilibrata età,
anche se amiamo ancora gli aquiloni
e i kayak per superare il mare.
(da: Ritratto di Signora, Nuova Letteratura,
2014)
(3)
Accendi
la TV a vedere se hanno ucciso il gobbo,
ritrovato nel bosco il corpo di Jonny Boy,
il V-Day a Piazza San Giovanni,
la Storia siamo noi,
noi il Nulla, i morti da dimenticare,
se nevica ancora, se continua
nel buio luminoso, l’infantile disastro del mondo,
sbiadito nello specchio il doppio di noi stessi.
ritrovato nel bosco il corpo di Jonny Boy,
il V-Day a Piazza San Giovanni,
la Storia siamo noi,
noi il Nulla, i morti da dimenticare,
se nevica ancora, se continua
nel buio luminoso, l’infantile disastro del mondo,
sbiadito nello specchio il doppio di noi stessi.
La
sera ci guardiamo mentre affondano le rughe.
Prova
a cercare, con il cordless o con il palmare,
se nel profondo degli spazi
ci sono ancora Nonno God e Mister Prufrock.
se nel profondo degli spazi
ci sono ancora Nonno God e Mister Prufrock.
(da: Ritratto di Signora, Nuova Letteratura,
2014)
(4)
Per
una festa la Caterina si è messa in moto
portando souvenir, il breve filamento delle cose.
portando souvenir, il breve filamento delle cose.
Si
sente che c’è Aprile, nuovo d’ali e di beccucci.
Qualcuno si siede sul sofà,
guarda i quadri alle pareti,
gusta sorbetti Carte d’or.
Qualcuno si siede sul sofà,
guarda i quadri alle pareti,
gusta sorbetti Carte d’or.
Arrivano
messaggi, anime,
si scruta la lista degli assenti.
si scruta la lista degli assenti.
Il
tempo stringe, vola la civetta,
qualche filo si spezza,
passa di mano il libro di Ken Follett,
effetti speciali nell’equilibrio della sera,
e fermo immagine con ricordo di famiglia,
non abbiamo innocenza né colpa,
solo il probabile evento del caso,
il breve filamento delle cose.
qualche filo si spezza,
passa di mano il libro di Ken Follett,
effetti speciali nell’equilibrio della sera,
e fermo immagine con ricordo di famiglia,
non abbiamo innocenza né colpa,
solo il probabile evento del caso,
il breve filamento delle cose.
(da: Ritratto di Signora, Nuova Letteratura,
2014)
(5)
La
sera ci colse di sorpresa
mentre batteva ai vetri
la rabbia del mese.
mentre batteva ai vetri
la rabbia del mese.
Domani
la gazza
supererà di nuovo il muro di cinta
portandosi via i kelloggs al ketchup.
supererà di nuovo il muro di cinta
portandosi via i kelloggs al ketchup.
Il
panorama non è più quello di prima
e dove c’era il busterbook
ora splende una villa.
e dove c’era il busterbook
ora splende una villa.
-Es
una casa muy especial, disse Paco,
y valiosa porque la construyeron mis padres
con muchos esfuerzos.
Tiene dos pisos y una buhardilla
en la zona de noche.-
y valiosa porque la construyeron mis padres
con muchos esfuerzos.
Tiene dos pisos y una buhardilla
en la zona de noche.-
Sombra
y sueno a volte tornano
a coprire la zona dolore
del nostro passato.
a coprire la zona dolore
del nostro passato.
Nel
verde che avanza
potrebbero starci anche una chiesa
o una maison con draps,
e serviettes de toilette,
e qualcosa che ancora rimane della nostra vita.
potrebbero starci anche una chiesa
o una maison con draps,
e serviettes de toilette,
e qualcosa che ancora rimane della nostra vita.
(da:Ritratto di Signora, Nuova Letteratura,2014)
(6)
PIOMBO FUSO
Sono anni, Louisette, che guardi la Senna,
come un uccello il bianco dell’inverno.
come un uccello il bianco dell’inverno.
Non ti dico, quanta neve è caduta sullo Stelvio!
Nelle cabine c’erano avvisi di keep out,
una guida turistica del Rotary Club,
e un cuore di rossetto
firmato Goethe.
una guida turistica del Rotary Club,
e un cuore di rossetto
firmato Goethe.
Il gelo ha impaurito i passeri forestieri,
inaciditi i mirtilli nelle cristalliere.
inaciditi i mirtilli nelle cristalliere.
Da nord a sud barometri impazziti, ghiaccio,
fosforo bianco su Gaza City,
tra artigli di condor sulle carni,
Mater dolorosa,
che facesti rifiorire il biancospino sulla collina.
fosforo bianco su Gaza City,
tra artigli di condor sulle carni,
Mater dolorosa,
che facesti rifiorire il biancospino sulla collina.
Gennaio ha riacceso i candelabri
nel concerto dei morti,
tra toni bassi e controfagotti
nel concerto dei morti,
tra toni bassi e controfagotti
Non so come tu abbia fatto a recidere le corde,
se il più sottile e amaro della vita è il ricordo.
se il più sottile e amaro della vita è il ricordo.
A monte e a valle
profumo di tulipani, briefing.
profumo di tulipani, briefing.
Eppure se ci pensi, capita di morire ogni giorno,
di passare più volte sotto il ponte di Mirabeau!
di passare più volte sotto il ponte di Mirabeau!
Ti dico solo che all’improvviso,
finito il piombo fuso su Jabaliya
si sono di nuovo accesi i lampi nella sera
finito il piombo fuso su Jabaliya
si sono di nuovo accesi i lampi nella sera
(da: Ritratto di Signora,
Nuova Letteratura,, 2014)
(7)
GLOSSARIO TERAPEUTICO
L’acne ha scavato il derma, doctor.
Bisognerà passare all’ablazione,signora,
prima delle devozioni della sera.
Non vi è altra speranza, altra cura
dopo il Differin Gel, e il peeling,
non allergenico, non comedogeno,
con Salicylic Acid e Lactamide Mea.
Bisogna aver pazienza, Madame,
aspettare il Big Ben
stando con monsieur K allo chateau d’Orleans.
Questa è opera di dèmoni e cherubini, di riti Voodoo.
Prima di dormire non segua il Gossip, le lezioni di Baricco,
La solitudine dei numeri primi, le staminali,
le ali dei rondoni, il Catamerone di Sanguineti,
le morti dei poeti ottuagenari.
Ci rallegrano le short stories dei Dream Songs.
Per il septemberfest preghi Dante di non farla incontrare
Farinata degli Uberti; chieda una terzina al lotto.
A Flintstones House, c’è un – tetto bianco a cupola,
muretti di pietra vulcanica, interni freschissimi.
E a Santorini, vi è pure un’ex dimora rurale –
ed un pendio per l’aldilà.
Oh le vocali di Rimbaud: A, come Allegory,
E, come Enjambement, I, come Ipèrbato, O, come Ossimoro,
U, come Underground!
Avevo una volta, mani dolci e cuore gentile,
le azioni Generali finite male nel Mercato Globale,
gli ossi di seppia, le seppioline al sauvignon.
Bisognerà passare all’ablazione,signora,
prima delle devozioni della sera.
Non vi è altra speranza, altra cura
dopo il Differin Gel, e il peeling,
non allergenico, non comedogeno,
con Salicylic Acid e Lactamide Mea.
Bisogna aver pazienza, Madame,
aspettare il Big Ben
stando con monsieur K allo chateau d’Orleans.
Questa è opera di dèmoni e cherubini, di riti Voodoo.
Prima di dormire non segua il Gossip, le lezioni di Baricco,
La solitudine dei numeri primi, le staminali,
le ali dei rondoni, il Catamerone di Sanguineti,
le morti dei poeti ottuagenari.
Ci rallegrano le short stories dei Dream Songs.
Per il septemberfest preghi Dante di non farla incontrare
Farinata degli Uberti; chieda una terzina al lotto.
A Flintstones House, c’è un – tetto bianco a cupola,
muretti di pietra vulcanica, interni freschissimi.
E a Santorini, vi è pure un’ex dimora rurale –
ed un pendio per l’aldilà.
Oh le vocali di Rimbaud: A, come Allegory,
E, come Enjambement, I, come Ipèrbato, O, come Ossimoro,
U, come Underground!
Avevo una volta, mani dolci e cuore gentile,
le azioni Generali finite male nel Mercato Globale,
gli ossi di seppia, le seppioline al sauvignon.
(da:
Ritratto di Signora, Nuova
Letteratura, 2014)
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