(1) Poéme en Prose
Giuditta Aldobrandi, governante dei
Conti Mineo,
prese posto sul treno Berlino-Milano,
e vi sostò irrequieta.
Una donna, senza trucco Perlier,
si specchiava ai finestrini bagnati dal
nevischio.
- Anni davvero imprevedibili- disse il
cartomante.
Inverno sotto zero.
Era un miracolo se non si occludevano le
vene.
Cartilagine assottigliata all’osso.
Come un morso stringeva il gelo.
Non si capiva se c’era nebbia oppure neve.
Bauli aprivano al passato.
Good
Morning
Mister President!
Good
Morning Bagdad!
I crani della Storia luccicano sotto i
campi di baseball,
come le cupole dorate nei giorni dell’ashura.
Bombs! Bombs! Bombs!
In viaggio con Jack
si avvertiva una ferita ancora aperta:
un senso di colpa, mai risolto.
Veneziani merletti di schiuma e di
glassa,
ci pensi oh Al Qasim sembravano luminarie
ed erano cannule di cancri e inganni:
Burano d’arte e di vetro soffiato da
guardare in silenzio
come le stelle di Natale dai balconi
dell’Occidente:
arabesque di fosforo
bianco
sulla città senza skateboard e pick-up,
come a Phuket, quando in un mattino dorato
portava il terrore lo tsunami,
venuto per bocca di mare e splendido
sole.
L’occhio non andava oltre la grigia
muraglia.
Terra di vento. Terra desolata!
Gli
alberi del Sud danno uno strano frutto,
sangue
sulle foglie, sangue alla radice,
corpi
neri che ciondolano nella brezza del Sud,
strano
frutto che pende dai pioppi.
Le due ragazze venute da Princeton,
non amavano le piante rosso-Mirò.
Se ne stavano tranquille
leggendo Berryman e Bishop.
Alla
settima stazione Johannes
prese
dodici pietre pari ai mesi dell’anno
e
le portò al tribuno di turno dicendo:
ecco
I
dolori del giovane Werther,
poi
bevemmo dodici tazze d’acqua di mare.
Tornarono
gli uomini della Landespolizei
a
chiedere biglietti ai viaggiatori della Guyana.
Prima
di partire portammo rametti di boldo,
e
per sette volte, e soltanto in quest’ultimo giorno,
pregammo
per noi e per tutti i giorni nell’ombra.
(2)
Finiva
la sera tra diaspore accese.
Nel
terzo frammento di anonimo fiorentino
i
peccatori non entrano in cielo
finché dura la
terra,
e giorno e notte
non cesseranno
come
il ricordo di Barbara Winter
che
tanto amò,
e
di Timothy il pescatore,
e
di Jorge, il custode del cimitero,
e
di Padre Alberico
quando
parlava ai dispersi nell’ombra:
-
Il Signore avrà cura di voi,
così
com’è scritto nel Libro d’oro
e
Allume di Rocca-.
Loris,
avanti negli anni,
scelse
il vestito più bello
per
un giro di valzer al Garden Hotel
dove
due mistici
discutevano
con le Signore di Betz
di
Luca e Giovanni;
-
Se ci seguirai - dissero,
-
ti daremo pane e verbena
e
l’amore di Ketty nelle notti più fredde dell’anno-,
e
non so più in quale Trittico
è
riportato il frutto proibito
con
un Giardino di candidi gigli,
e
la luce del sole come un faro sul mondo.
A
sera beviamo Jagermeister
dai
calici d’argento lavorati a scalpello
sui
tavoli di mirra e incenso
per
un dolce Nirvana,
né
topici unguenti ci guariranno domani.
Quest’anno il viburno non ha dato più fiori
e
il viaggio è appena cominciato
senza
trolley e bussola di marinaio,
diviso
il bene e il male, la bufera e altro.
(3)
La
notte celò i morsi delle murene.
Tornarono
le metafore e gli epistemi
e
una folla “che mai avremmo creduto
che morte tanta
ne avesse disfatta”:
Wolfgang,
borgomastro di Dusseldorf,
Erich,
falegname in Hamburg,
Ruth,
vedova e madre di Ehud e di Sael,
Lothar
e Hans, liutai.
Questa
è la casa: -Guten Morgen, Mein Herr,
Guten
Morgen-, disse Albert.
Qui
curiamo le piante e le orchidee,
offriamo
sandali e narghilè ai pellegrini
in
cammino verso Santiago di Compostela.
Sui
gradini dell’Iperfamila,
tra
stampe di Kandinskij e barattoli di Warhol,
Moko
Kainda sognava l’Africa di Mandela.
-“Doveva essere migliore degli altri
il nostro XX
secolo”-
scriveva Szymborska,
tanto
che neppure Mss. Dorothy,
chiromante
e astrologa,
riuscì
a svelare le carte del futuro,
né
Daisy si dolse del sole africano,
ma
dei muri che chiudevano
le
terre di Samuele e di Giuseppe.
E
non era passato molto tempo
da
quando Margaret e Jennifer
(che
pure in vita dovevano essere
due
anime perfette e pie),
volarono
in cielo.
L’alba
illuminava gli angoli bui, gli slums.
Era
ottobre di canti e heineken
con la foto della Dietrich sul Der Spiegel.
Riapparve
la luce,
ed
era tuo il lampo sulle colline
bruciate
dall’autunno.
Ma
è malinconia, mammy,
quella
che ha preso posto nella casa
dove
neanche le preghiere ci danno più speranza.
Fuori
ci sono il drugstore e il giardino degli anziani,
l’eucaliptus
e il parco delle rimembranze,
la
guardia medica per il tuo tremore Alzheimer.
Fra
poco la neve coprirà il poggetto.
Ci
sarà poco da raccontare
a
chi rimane nella veglia,
dove
c’è sempre qualcuno
che
parla della lunga barba di Dio
come
una cometa
nella
notte più silente dell’anno,
quando
il gufo da sopra il ramo
sbircia
il futuro e vola via.
(4)
La
luce apriva varchi alla città
fino
al colle delle beatitudini.
Bennett
riordinò i pensieri.
Le
cose più strane vennero
quando
attraversammo il confine.
La
strada era asfaltata.
-Che
fai Dorothy,
leggi
ancora Gottfried Benn?-
Klabund
è morto da un pezzo.
-
Vuole un drink, Mister Cooke?-
I
figli di Jane sono rimasti a Stratford
con Re Lear
e Macbeth.-
Il
fiume, già al limite di guardia,
seguiva il Big Ben dissolto nella nebbia.
Un
entroterra senza verde
attendeva la primavera.
C’era
ancora una solida luce nella casa
a
illuminare gli angoli bui.
L’uomo,
con le cicatrici alle spalle,
ha
lasciato versi double face.
E’
stato Priston a dirci di lui
con
tutte le storie su Evelyn e Hooper
e
della casa venduta a Willowbrook.
Aspetteremo
che passi l’inverno.
A marzo, dovrà
pure fermarsi Violetta!
(5)
Niente
di vero
che
tu possa restare in questo villaggio.
Ci
sono ricambi di stagione
che
non puoi prevedere.
Quando
stavamo in città,
e non c’erano furti nella casa,
ogni
pensiero era allodola nel mattino.
A
Elisabetta piaceva Il ritratto di Dorian Gray
e un PC con webcam sul Mondo.
C’è
un turno che ha un volto di pietra
e
tutto quello che vedi è casa, nido,
ripostiglio
di figure la sera.
La
curva delle costole
era
il punto più alto del dolore.
Alberto
venne in anticipo
a
prendere sciarpa e cappotto per l’open
day
mentre
leggevamo i suoi versi blu night.
La
notte era un cobra selvaggio.
Un
verso-bolero scivolò sul parquet.
-Meine Damen Und Herren-,
disse l’anchormann in TV.
Domani
riapre il teatro
con
trentasette ballate di Enzensberger
senza
Schulz e il Mein Kampf.
(6)
Dove le volpi allarmavano la brughiera
ora c’è l’autunno flagellato sui cipressi.
Il nostro addio non fu mai una morte
se anche il caso ci portò al caffè
Balestra,
patria di scrittori dandy e un po’
neorealisti.
Madame Ligussì, interpellata,
non confermò la presenza di amorini
antichi,
nonostante le carte
sembrassero quelle di un mercatino
che di una astrologa.
Tra me e te era rimasto un ponte
e nel tempo una tèrmite.
Baldus scese le scale citando il
Decalogo:
- Saranno vostri i delfini del mare
e gli uccelli del cielo,
ma non avrete un penny per i vostri peccati.-
Corvi e ippogrifi
restarono in un mondo senza albe e
tramonti,
e il mattino era un deserto,
e il deserto era senza il mattino,
e fu
un freddo avvento per noi,
proprio
il tempo peggiore dell’anno,
per
un viaggio, per un lungo viaggio come questo,
e
chi giunse al fuoco del bivacco
trovò
anfore e amuleti,
senza
lasciare traccia o indizi
all’ultimo
venuto e a chicchessia.
(7)
Questa
tela di anni così diversi fra loro
poteva avere bordi
più belli,
ma
Ketty non volle.
Una
Street Art in via Merulana
fissava
sui muri colori inadatti
per
un inverno alle porte.
Zia
Molly contava i boys del West Coast
caduti
ad Al -Anbar:
ragazzi
del melting pot,
che
amavano raps e rhythm & blues,
senza
le mitragliette Uzi,
mentre
saltavano pick-up,
e
boati scuotevano i fiordalisi
massacrati
nei giardini.
Lungo
la Deutsche –Limes Strass,
tra
striduli violini e suonatori d’orchestra,
tornarono
in mente le cialde
dei
forni di Auschwitz
anche
se il meglio con il tempo
non
è mai venuto,
dopo
il canto di Simeone
e
le campane di Pasqua.
(8)
Un
tessuto di velluto rosso
bruciava
tra le ceneri del mese.
Vicina
al convento dei frati minori
si
sdoppiava la strada barocca
con
l’epigrafe sul vecchio maniero:
-Resterete
qui in un breve battito d’ali,
tra
polvere d’astri e di comete-.
Il
turista venuto da Brera
gustava
crème brùlée
durante
il concerto brandeburghese
su
una storia di vecchie signore
nel
discreto parlare di foglie nel bosco.
Rachele
non disse nulla:
signora del sesto sigillo
portava con sé le parole di Cohen:*
-“Dance me to the end of love”-.
Uscita
dal giro di un breve underground,
Marisa
riordinava le stanze e gli arredi,
lasciava al gatto residui di Gourmet,
e
un’aria fredda muoveva le cime dei cipressi
che
da anni non mutano tristezza.
*Leonard
Cohen: poeta e cantautore canadese tra i più noti della storia della musica. La
traduzione del verso è :“Conducimi fin
dove finisce l’amore”.
(9)
La
casa era piena di arredi
come
l’aveva lasciata la ragazza Carla.
Miriam
curava le piaghe
con
l’erba mèdica e il miele d’acacia,
e
ogni volta che tornava al Majestic,
gli
amici del club le donavano fiori di pesco
e
cioccolato allo sherry.
Angela Adònica
è
un dolce poema,
ma
al n. 5 di rue de Pigalle
i
bouquinistes regalano coupon
per
“Una stagione all’Inferno”.
-Ci
sarà pure una dacia
o
un ostello a Smolenskoe-,
disse
Karima, stanca di inutili attese
e
delle storie infantili di Grigorev.
Restavano
i colori del Domuspark.
Ma
era tutto un tacito andare
per
vicoli e strade
senza
sbocchi nella fioriera.
Ora
nessuno può dire
che
ci sia stato un disastro tra noi,
se
la vita è sempre stata la stessa
mentre
cresceva l’erba
nel
cerchio di Stonehenge.
(10)
A Villa Real
c’era una stanza
con
self service e l’abbaino ristrutturato.
Qui
medicammo le ferite,
regalammo
a Consuelo
un
poster di Guernica
dopo
un lungo silenzio
che
lasciò alla quercia
tutto
il tempo per rifiorire.
Pei sedili sale
Ignazio,
tutta la sua
morte a spalla.
Andava in cerca
dell’alba,
e l’alba non esisteva.
Oh
Almedena,
mira le foto de
la fiesta!
La
vita diventa racconto,
si
naviga a vista.
L’ha
detto Piqueras: è tutto un naufragio,
un
male di mare! E’ successo anche stamane
a
Gonzales con le luci spente nel porto
e
i cartelli by night.
(11)
Finita
l’aspra contesa
tornammo
a Thomas Kinsella
in
Un altro settembre,
senza
deliri e pause discrete.
il
Signore, da tempo,
non
butta più acqua nei pozzi,
lascia
stare le cose così come sono.
Un
battito d’ala è sempre un battito d’ala,
come
la preghiera di Suor Evelina
che
è un mistico dire.
La
luna ha rinunciato a specchiarsi nel mare
lasciando
le ombre attaccate alle mani.
Povera
Ketty, senza lo sguardo delle mimose!
Ludmilla porterà
di sicuro una nuova stagione.
La
sarta ha fatto un vestito a punto-croce.
Principessa, è tempo di fermare
l’autunno,
restituire agli alberi le foglie cadute.
(12)
Una
carovana di nuvole grigie
sostava
sulla certosa ambrosiana.
Via
Alpignana 16:
hotel
di Madame De Sirè;
ci
si arrivava in ogni ora
del
giorno e della notte
dopo
una corsa dietro il tranvai
senza
aver letto don Lisander.
Davanti
alle slot machine
c’era
chi bruciava il tempo delle mele
e
il ricordo di Potsdamer platz.
Mimì, millefiori,
aveva
una casa in collina
con
cavalli di razza e beatitudine solare,
ma
quando ascoltava Ciaikovskij
se
ne stava sola rincorrendo fantasie urbane
e
un amore per Pollock.
Un
uomo ingabbiato amava I fiori del male.
Monet
prese alloggio a Saint Remi de Press
su
un mondo senza colori.
Ma
era ancora terra santa, Maurice,
con
il Natale di prunus alle porte
e
di muschio in via Toti.
(13)
Miss. Olbruck andava al mercato
per le “offerte speciali”.
Al Jolly Club si trovava di tutto
anche una copia di Kaddish
da leggere ai tavolini del caffè Bonnard.
Sulle favole antiche
c’era chi scriveva romanzi.
Dopo gli scarti della giornata,
Willy cercava il varco nel castello di Kafka.
Monsieur Dolmetich,
ignaro delle leggende cristiane,
portava ricette nel Giardino d’Infanzia.
Davvero conclusivo, Madame Schobert,
il pensiero sulle sette fontane malate,
ma il Libellus
comprato in Spagna,
riportava cattedrali e il
Museo del Prado,
prima di passare check point,
leggere haiku e il libro di Klein,
cercare i giardini pensili
ora che Olivia non c’è più.
(14)
Brillava
una subway di luci e megastore,
con
copertine da pretty woman
e
il volto di un amico malato di rosòlio.
Meg
stava meglio
bevendo
infusi di tiglio e guaranà.
A
vedere il giardino dei Frost
sembrava
che il tempo si fosse fermato.
-E’
stato un anno di innesti e fioriture-
disse il guardiano del Parco.
Il
gatto Dubrosckij, fuori dalla lettiera,
seguiva
le note del sestetto misto.
Erano
spariti gnomi ed elfi.
Due
attori di primo teatro
leggevano
Il pomeriggio di un fauno.
Il
sole si fece da parte.
Nancy
aprì le imposte
lasciando
barrette di sogno.
Un
armonium accarezzò il silenzio
di
Hieronymus Bosch e di Hàndel,
di
Giselle e la bella Odette,
e
del cantante di colore
dopo
la replica di Porgy and Bass.
Era
arrivata la stagione
con gli attrezzi da scasso e di mestiere.
(15)
Jodie vive a
Norwich.
A volte ritorna con preludi d’amore
nella stanza che ha riflessi d’aurora.
Lungo le strade passano uomini e donne
con vestiti a doppio petto e chiffon.
-Garrett, ci sono notizie da Norwich?-.
Farfalle di neve si posano sui vetri.
Picasso è allo sbando
in Autoritratto
con cappotto
e sfondo blu notte.
Le sorelle di Suor Angelina non dicono
nulla.
La casa ha vermi e muffette.
Ora scrivo pamplet.
Ti amo Jodie come Vladimir amò Lilja
Brik.
Nel vecchio palazzo vicino al Babyroom
l’infanzia non sa dove andare.
Il postino Ermete ricarica lo
smartphone,
lascia
avvisi di crociera,
si tiene per sé il rasoio di Occam.
Per l’interpretazione
di questo testo si precisa che Jodie simboleggia la Poesia, mentre Norwich è il luogo della sua emarginazione. Le sorelle di Suor Angelina sono la Metafisica e la Religione. I Vermi e le Muffette rappresentano il pensiero negativo. Il Postino Ermete è il poeta che indaga sulla vita. Il Ritratto con cappotto di Picasso ha un
riferimento psicologico più complesso e interattivo.
(16)
La
speranza giaceva nel cassetto.
Nero latte
dell’alba lo beviamo la sera,
lo beviamo al meriggio,
al mattino,
lo beviamo la
notte,
ai
tavolini de la belle Epoque a Parigi.
-Papà
Modan, papà Modan-,gridava Joelle
al
primo allarme nel querceto,
quando
scendeva le scale zittendo i suoi cani.
Al
Bristol Hotel c’era gente
venuta
ad ascoltare Save the children.
Candy
temeva i mesi più della bufera.
Ma
questo è un altro dire, Margot,
un
altro soffrire,
e
so di fumi che offuscano il cielo
e
di gente alla riva che aspetta Godot.
(17)
Torna
aprile sui monti innevati.
Nietzsche,
perdute le scarpine,
se
ne sta solo nell’aldilà
senza
Cristo ed Ezechiele.
Mary nel Getsemani
cerca
il pane dell'Ultima Cena.
Ma
è dai Crawford che verrà la Pasqua,
quando
si parlerà di Cynthia e di Karen,
passate
tra le comete.
Proprio
come dice padre Arnold
nella
messa di fine aprile ai suoi fedeli.
Venerdì
di luglio e poche astrazioni nella giornata,
se
non fosse per Matisse entrato nella stanza
con
il Nasturtiuns With The Dance del
1912:
un
secolo di croci contorte
e
false primavere se mai tu le avessi viste, Dorothy,
dal
tuo lettino a Farmerhouse.
(18)
Tardiva
la tua risposta portò
il
ricordo di Srebrenica e Zepa,
riformulando
metafore e lessemi.
Il
museumshop non era il luogo
per
aprire reperti fonici,
fare
da ponte ad ogni intruso della realtà,
coordinare
le latitudini dei ghiacciai,
senza
bussole e fischietti di richiamo,
anche
se poi di tutto si può parlare
rifacendo
i passi nel deserto,
fino
al silenzio di Majakovskij
e
“niente pettegolezzi”*
per
un passaggio discreto a Novodevicij,
senza
avvisi di uccellacci e uccellini.
* Frase
scritta da Majakovskij su un foglietto, prima del suicidio.
(19)
Una
nuvola bianca che mai s’era vista
più bianca di un bianco di neve in inverno,
poca
acqua dentro, poca,
sostava su un vecchio faubourg
di
tùmuli e croci,
sostava più a lungo delle nuvole grigie,
sicura
di celare l’azzurro,
velo
bianco,
più
bianco del viso di chi trascolora,
sostava,
oscurando l’occhio del cielo,
più
cieco dell’occhio di Dio,
come
un bianco lenzuolo
copriva
Marina tra le rughe del fiume,
sostava
celando l’azzurro,
le
tombe e le croci di un vecchio faubourg.
(20)
Questa
strada di industrie in disuso
non
ha più profumi di alloro e ligustri.
Cacciato
dal cielo,un angelo azzurro
prese
alloggio nella casa di Piera.
Ci
fu un discorso su lemmi e stilemi:
carcasse
di lingua sepolte nel tempo.
Spuntarono
fiori nei vasi.
Biorin
, uscito da un triste calvario,
si
fermò davanti a un quadro di Bruegel,
La
notte ci fece uguali.
Tornò Gardel con paso doble e caminito.
Violini
accennarono arie discrete.
-E’
una cosa molto rara,- disse il concertista in prima fila.
-ma
seguiamo lo spartito-.
Nel
backstage, accanto a prove di fiato e solfeggi,
tornarono di nuovo le violette di marzo.
(21)
Sei
andata oltre il giro dei pianeti
a
cercare cherubini, il giardino
dell’Eden,
fuori
dai sogni smarriti per il mondo
come
il tuo Dio, emigrante altrove;
il
gesto di Florian davanti alle ceneri dei morti:
un
inutile divagare fino alle rive del Po
in
questo Maggio da unde malum
come
se fossimo rimasti soli
in
mezzo ai clivi erbosi di lupi ed orsi neri:
è
dunque questa la nostra storia:
un
verderame nelle vene
dove
ristagnano le memorie
come crisalidi del passato,
oh
Helda!
(22)
Dimmi
Gaudiè
a
quale altezza si perde il tuo occhio
e
quanta solitudine dovrà ancora rimanere
in
questo transito breve?
Mamma Rose ama i poeti
negli
happening di agosto.
Prossimo
all’embarquement,
Mister
K, ha reciso i fiori
per
non vederli soffrire
inebriandosi
di reviews,
ma
sempre fiato di Whitman sono,
sempre
voci di Beckett e di Eliot
di
Lee Masters, e Waldo Frank,
e
di tutti i poeti passati
senza
luce nel fondo,
come
nella casa di Lory
quando
chiama a raccolta
le
ginestre nel mondo
per
dire cosa Gaudiè? Cosa?